Un mondo aforismatico
- tarzan-e-jane
- 16 dic 2016
- Tempo di lettura: 4 min

'Tutti noi vorremmo essere bravi scrittori, non per forza mirando a grandi opere e racconti, ma anche al piccolo, nel quotidiano, quando cerchiamo un breve testo, poche parole, qualche verso per descrivere un nostro particolare stato d’animo, un nostro pensiero o semplicemente quando sentiamo il bisogno, il desiderio di comunicare qualcosa.
Mi imbatto giornalmente in siti, pagine facebook o altri social network, dove le persone di qualsiasi età, sesso e religione, usano spessissimo ciò che la lingua italiana definisce “aforismi” (o citazioni), ovvero brevi e succose parole che riassumono e racchiudono considerazioni, osservazioni ed esperienze.
Certo in passato il significato che gli si attribuiva era molto più didattico, ma oggi come gli usiamo noi? Qual’è la motivazione che ci spinge a sfruttarli in continuazione? Le ragioni possono essere moltissime, non potrei nemmeno elencarle, sono così soggettive, ma il nesso comune è questo: voglio dire qualcosa, non con la voce esteriore ma con la voce interiore, non con parole banali ma con qualcosa di toccante, qualcosa che mi appartiene anche se non scritto da me, oppure proprio perché scritto da me.
Per farlo ricorriamo spesso a grandi scrittori, filosofi, scienziati, personaggi illustri della letteratura italiana e straniera, storici, o più comunemente a cantanti, personaggi televisivi, film.
Ormai ci troviamo anche a vedere attribuite frasi, citazioni e massime a chi in realtà quelle parole non le ha mai scritte e forse mai le scriverebbe…ma non vi diamo importanza perché, in quel momento, è fondamentale per noi esprimerci.
Amore, amicizia, speranze, dubbi, affetto, rancore, rabbia, paura, energia, mistero, natura, le sfere trattate sono infinite… Con le parole vogliamo accendere immagini ed emozioni in chi ci legge, fosse questo un diretto interlocutore o il mondo in generale, andando ben oltre il solo significato del testo, dei versi. Chi legge deve vivere, nello stesso istante, l’emozione che l’aforisma, citazione o metafora, intende suscitare e, a questo punto, sottolineerei quello che noi stessi intendiamo risvegliare.
Non mi vergogno a dire che sono la prima ad usare gli aforismi, anzi di sovente mi ritrovo a sottolineare sui libri frasi particolari o concetti che in futuro potrebbero tornarmi utili.
Via libera dunque all’esternazione di qualsiasi cosa sentiamo la necessità di comunicare, a chiunque, con aforismi famosi e meglio ancora se scritti da noi perché più nostri, sentiti e profondi. Cosa poi penserà chi ci legge? Quello lo affronteremo in un secondo momento, se da affrontare…
Abbelliamo la vita, anche se rappresentata dal web, di emozioni scritte, colori, riflessioni, in fondo siamo sempre, tutti, in cerca DI qualcosa da dire…come alla “ricerca” di qualcosa…
“Nulla è più dolce di parole d’amore evocate da labbra ingannevoli, ma ancor più ingannevoli sono le parole scritte, perché ciò che l’inchiostro imprime può essere facilmente cancellato”. - Aforisma primo del 16 dicembre 2016 di Jane N." '
Jane
'Mi piace molto osservare le frasi che condividono le persone che conosco, perché sono un'ottima cartina tornasole della psicologia della persona.
Tutti noi abbiamo idee e convinzioni che maturiamo durante la vita, del resto i rapporti con le persone sono spesso complicati, la vita stessa è molto complicata e il nostro vissuto ci fa maturare e raggiungere certe consapevolezze.
Devo ammettere che, ogni volta che vedo condividere un aforisma, ho la sensazione che chi li condivida stia in realtà cercando un qualche tipo di appoggio da qualche scrittore, filosofo, o, comunque, persona degna di grande stima nell'opinione comune (o nell'opinione di chi condivide la frase).
Non ci posso far nulla, quando vedo condividere l'aforisma (inteso appunto come frase molto breve densa di significato) ci vedo un'intenzione di fondo che più o meno va dal "hai visto che anche Socrate -o l'autore dell'aforisma- la pensa come me, quindi ho ragione io" al "hai visto che ho capito il vero significato della vita", passando per il "il mondo si divide tra buoni e stronzi e questo aforisma mi mette di diritto tra i buoni" fino ad arrivare al "questo aforisma dice che questo mio difetto in realtà è un pregio sotto qualche punto di vista, quindi non sono io ad essere sbagliato/a ma siete voi che mi criticate ad essere stronzi".
La cosa che trovo più curiosa è che, invece di scrivere un nostro aforisma, creato da noi stessi e condiviso per il bisogno di comunicare a chi ci sta accanto un nostro pensiero o stato d'animo, si ricorre alle parole di qualcun altro per dar credito maggiore a quello che vogliamo comunicare.
Non posso fare a meno di pensare (forse sbagliando) che l'ancestrale bisogno di essere animali sociali si trasferisca in una continua ricerca di accettazione da parte delle persone che ci circondano e, di fronte a nostri litigi, difetti, paure, eccetera, abbiamo bisogno di recuperare credito della nostra immagine sociale e, per farlo, chiediamo aiuto a grandi personaggi della storia dell'umanità.
Altra sfumatura di questo effetto si ha quando utilizziamo aforismi per, come dire, ornare la nostra proiezione sociale con grande profondità di pensiero, grande sensibilità (artistica, sociale o quant'altro), integrità morale. In sostanza, molte volte mi sembra che la condivisione dell'aforisma sia un po' la vitamina del nostro ego, il vestito di alta sartoria con il quale orniamo la nostra interiorità nel farla vedere all'esterno.
Ma, alla fine di tutti questi ragionamenti, mi rimane una domanda di fondo: in una società fortemente individualista come quella attuale, è possibile che sia ancora così forte il nostro bisogno di accettazione sociale? In una società sempre più diversificata in termini di identità nazionale, sessuale, religiosa e chi più ne ha più ne metta, abbiamo ancora così bisogno di sentirci accettati per quello che siamo? O, forse, quello di cui abbiamo bisogno è sentire che noi accettiamo noi stessi e, per farlo, spendiamo su noi stessi il credito di aforismi di persone illustri? Ai posteri l'ardua sentenza (A. Manzoni - "Il cinque maggio")'
Tarzan
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